Giulia Corsalini – Kolja. Una storia familiare

recensione di Matteo Moca

Giulia Corsalini
Kolja. Una storia familiare
pp. 263, € 16
nottetempo, Milano, 2020

Il libro d’esordio di Giulia Corsalini La lettrice di Čechov è stato uno dei libri più importanti del 2018: Nina è una ragazza ucraina che arriva in Italia inizialmente per fare la badante, poi come studiosa dell’opera di Čechov e insegnante di russo, e il racconto di una sua relazione, costruita con grande abilità e profondità psicologica su una serie di non detti, silenzi e omissioni, si trasformava nel corso del romanzo in un’indagine onesta e necessaria sul nostro stare nel mondo, sulla natura dei rapporti familiari e sulle storture e incomprensioni della vita e delle relazioni. A questo si aggiungeva un forte amore per la letteratura intesa come strumento e bussola per orientarsi nella società contemporanea, un invito ad ascoltare e pensare con cura prima di agire. Esce adesso, sempre per l’editore nottetempo che aveva pubblicato anche il libro precedente, il nuovo romanzo di Corsalini, Kolja. Una storia familiare, libro fondamentale per provare a comprendere con maggiori strumenti le fattezze e il valore della scrittura di Corsalini, insegnante e studiosa di Giacomo Leopardi. Possiamo rimuovere ogni dubbio sin da subito dicendo che anche in questo caso il miracolo, se così lo vogliamo chiamare, si ripete e la storia di Kolja è nuovamente prova dell’abilità di Corsalini nel plasmare e narrare una storia e porta di accesso, talvolta impietosa, ma sempre indispensabile, per provare a comprendere quelle che sono le traiettorie che prendono le nostre emozioni. Come il sottotitolo suggerisce, le vicende di questo nuovo romanzo sono incentrate su una storia familiare e qui Corsalini amplia un tema che già era presente nel suo romanzo precedente, in quanto Nina aveva una famiglia in Ucraina, ma il suo modo di intenderla e il suo rapporto con il compagno subivano un cambiamento a seguito dell’esperienza italiana e della relazione, intellettuale più che fisica, con un professore.

Il nuovo romanzo di Giulia Corsalini prende avvio durante l’estate e ha per protagonisti due gruppi di personaggi destinati a incrociare le loro esistenze e condividere i loro sentimenti. Ci sono innanzitutto Natalia e Marcello, una coppia che vive una relazione ormai stanca e forse da tempo esaurita, fondata su compromessi e su sentimenti che si sono pian piano appannati: «una vita ideale, di questo avremmo bisogno – pensa a un certo punto Marcello –, Natalia e io: la nostalgia incolmabile e senza prezzo di tre figli che hanno lasciato la casa, le pratiche salutari a cui dedicarsi senza remore, con sollievo, l’aria, la calma del moto mattutino, l’unione tra noi, il fatto di non essersi mai separati, di ritenerlo impensabile, la fiducia cieca e incessante in un Dio, l’intelligenza di rinviare altre questioni». All’inizio del romanzo Natalia e Marcello attendono nella loro casa tre bambini ucraini,  Nataša e i fratelli Kolja e Katja, il secondo gruppo, bambini orfani che trascorreranno lì le loro vacanze all’interno di un progetto di scambio. La scelta di accogliere e accudire i bambini è anche il tentativo di provare a ricomporre i cocci di una relazione attraverso un terzo oggetto d’amore, un mediatore che potrebbe far tornare tra loro un rapporto che non esiste più. Quando i bambini ripartiranno resta soprattutto la tenerezza e la nostalgia per i momenti felici e strani passati insieme («Quella con i bambini, comunque, è stata per lei una parentesi di intensità espressiva e di sincera adesione agli affetti, con quei bambini ha dato il meglio di sé e, forse, anch’io»), ma il ricordo si trasforma subito in preoccupazione perché in Ucraina c’è la guerra e Natalia e Marcello dopo essere nuovamente tornati alle loro rispettive vite poco comunicanti, si riuniscono di nuovo, e ancora grazie alla mediazione dei bambini, preoccupati in particolare per la situazione di di Kolja, bambino fragile e irrequieto, di cui si sono perse le tracce. Le seconda sezione del libro, “Bambini nella guerra” è dedicata proprio a questa ricerca che getta nel panico soprattutto Marcello, in lui si risvegliano dubbi profondi e sentimenti di incompletezza: «la mia vita è arrivata a questo punto senza avvedersene, mentre facevo il mio lavoro di filologo accadevano delle tragedie e la mia esistenza si perdeva, e quello che mi resta da vivere non potrà essere in nessun modo risolutivo». La parte finale del romanzo, “E tu sei suo padre?”, finisce di riannodare i molteplici fili della storia, sempre controllati con estrema bravura da Corsalini, scopriamo ciò che è successo a Kolja e assistiamo alle variazioni nelle sfumature emotive di Marcello e Natalia, con una coda che si esaurisce nel breve epilogo che rappresenta forse uno dei punti più alti della scrittura di Corsalini, saggio della sua capacità di raccontare con precisione e passione i movimenti degli animi senza nessun compiacimento.

Giulia Corsalini ha introdotto in un piccolo libretto pubblicato dalle Edizioni dell’Asino pochi mesi fa, La ginestra di Giacomo Leopardi: il suo è un testo breve e denso, capace di consegnare al lettore le informazioni più importanti sulla poesia di Leopardi, ma soprattutto di condensare i movimenti del suo spirito. Nelle sue pagine Corsalini si concentra sulla celebre idea leopardiana di “catena sociale”: «un’unione che non nasce dal terrore di essere ignari e primitivi ma da una razionale consapevolezza, la quale, mentre denuncia l’assurdità degli odi reciproci e delle guerre clandestine, spinge gli uomini a rapporti di “vero” amore e di aiuto scambievole. Solo su tali basi potrà essere ristabilita una società onesta e retta e troveranno fondamento la giustizia e la pietà, pilastri del vivere civile». Non sappiamo quanto la poetica leopardiana in una studiosa attenta possa incidere nella sua scrittura romanzesca, ma nelle vicende di Natalia, Marcello, Nataša, Kolja e Katja Corsalini sembra proprio provare a mettere in scena questi rapporti di amore vero e sincero e di aiuto scambievole, illuminando una possibile via per raggiungere quella società onesta, giusta e retta a cui faceva riferimento Leopardi. Resta in ogni caso la certezza di trovarsi di fronte a un’autrice splendente, che con questo secondo romanzo torna a imporsi come una delle voci più interessanti, sincere e valide della nostra letteratura contemporanea.