I bambini di Stephen King | Il Mignolo

di Fernando Rotondo

Stephen King è uno scrittore che divide i critici e i lettori. Il grande Harold Bloom, autore del Canone occidentale, lo ha bollato come “un autore di spazzatura horror”. Ma per Nicola Lagioia, direttore del Salone del Libro, se Bloom “fosse nato trent’anni dopo, avrebbe forse riconosciuto in Stephen King la lezione di Charles Dickens”. E Antonio Faeti, il maggior studioso di letteratura per l’infanzia del dopo-guerra, lo ha definito il “grande Raccontafiabe dell’Occidente” nel libro che gli ha dedicato, La casa sull’albero: orrore, mistero, paure, infanzie in Stephen King (Einaudi, 1998), azzardando anche che forse “il Grande Romanzo Americano di questo secolo (…) l’abbia scritto lui, con It” (1998). Sicuramente il Moby Dick della letteratura horror di fine Novecento. 

In proposito, è importante sottolineare due punti tra loro collegati. Anzitutto la parola “infanzie” e la data sono molto significative: It divenne subito un libro di culto fra i ragazzini di scuola media malgrado le 1.238 pagine. Recentemente il film omonimo in due parti ha avuto grande successo tra bambini e ragazzi, anche quelli che lo erano vent’anni prima. Nel suo maggior testo te- orico, Danse macabre. Studio sul genere horror in letteratura, cinema e televisione (1981), King fissa i tre archetipi fondamentali del male e, più in generale, della letteratura horror e del fantastico, con i relativi romanzi: il Vampiro (Dracula), il Licantropo (Lo strano caso del dottor Jekill e mister Hyde) e la Cosa-Senza-Nome (Frankenstein), più una quarta, il Fantasma, il morto che ritorna. L’immaginazione è “un meraviglioso terzo occhio”, che però crescendo comincia ad offuscarsi: “Il lavoro dello scrittore del fantastico e dell’orrore è di allargare temporaneamente le pareti di quella visione a tunnel (…) farti tornare temporaneamente bambino”. 

Non è un caso, quindi, che molti romanzi e racconti dello scrittore del Maine abbiano protagonisti bambini, ragazzi e adolescenti “sfigati” ma coraggiosi: in It (1987) la banda dei losers, i perdenti, è formata da un ciccione, un asmatico, un balbuziente, una ragazzina abusata in famiglia; combattono contro il Male assoluto, il killer clown Pennywise, che però si manifesta concretamente anche nella realtà quotidiana del bullismo e delle violenze familiari e sociali della società americana, nell’età del pieno dominio reaganiano. E questo è vero sin dal primo romanzo di successo, Carrie in cui l’adolescente bullizzata atrocemente nei segni dell’incipiente sessualità scatena i suoi devastanti poteri pirocinetici (1977, la data è quella dell’edizione italiana come per gli altri romanzi citati di King, tutti pubblicati da Sperling & Kupfer). Tre anni dopo Shining (1978) è il titolo del libro – in parte autobiografico: allora King era dipendente da alcol e droghe come lo scrittore protagonista del romanzo – ed è anche il nome della capacità mentale di visione e conoscenza più profonde, tradotta in italiano con “luccicanza”, che il bambino possiede e che lo salverà dalla follia omicida del padre. 

Il secondo punto, solitamente ignorato, riguarda la presenza – accanto alla “magia” – della forza del- la conoscenza, dell’istruzione, della cultura, rappresentate materialmente e simbolicamente dalla biblioteca. Un preannuncio si trova in L’incendiaria (1980), la cui protagonista è Charlie, una bambina “mutante” che, a causa di un esperimento di un’agenzia governativa segreta è capace di creare il fuoco e manipolar- lo con il potere della mente ed ora è braccata per essere “usata” come arma letale. Il padre prima di morire “le aveva detto che se avevi un pro- blema davvero difficile da risolvere bisognava andare alla biblioteca per trovare le risposta, perché alla biblioteca sapevano le risposte a quasi tutte le domande”; e così farà. 

Esemplare, in tal senso, è ancora It: per Ben, vittima dei bulli perché sovrappeso, la biblioteca è un’oasi di serenità, amichevolezza, accoglienza; da grande diverrà un architetto famoso per il progetto ispirato al corridoio della biblioteca che collegava il settore ragazzi a quello per adulti, simbolo di pietra del processo attraverso la lettura verso la maturità senza perdere la memoria degli affetti e dei valori giovanili: perché “Ben adorava la biblioteca”. La public library, che negli Usa gode un grande prestigio e svolge (svolgeva?) una funzione ben più centrale che da noi, ritorna spessissimo nei libri di King. Due esempi: 1960, in Vietnam c’è la guerra, il giorno dell’undicesimo compleanno la mamma regala a Bobby la tessera arancione della biblioteca che permette di accedere a tutti i libri: “Grazie mamma, è un regalo fantastico”; si consuma così in L’uomo vestito di nero (2021) un rito di passaggio e crescita. Il percorso si chiude idealmente con 22/11/63 (2011), data dell’assassinio di John Kennedy, allorché un professore, per fermare Oswald Lee e salvare JFK, torna attraverso una fessura spazio-temporale a Dallas, di cui Derry è il simulacro alla Dick, ovvero la città del Male in cui fu assassinato, o meglio “che assassinò” il Presidente. In difficoltà, ripensa al suo vecchio docente di sociologia: “Quando tutto il resto fallisce, lascia perdere e vai in biblioteca”. Incontra anche una bibliotecaria scolastica con cui vive un grande amore. Ma, tornato indietro al 2011, ritrova un mondo distopico, su un muro una svastica, la biblioteca chiusa e i libri spariti: “Adesso ci fanno le Riunioni dell’Odio”. 

È come se Mythos e Logos convivessero e il fantastico non si contrapponesse al reale, ma lo penetrasse per condividerlo e completarlo nel- la consapevolezza che “la pozza dei miti” è il bacino che alimenta le narrazioni: i narratori del fantastico, infatti, affondano le mani nei miti, li prendono, li ricreano, li attualizzano, come fa lo stesso King in La storia di Lisey (ora anche serie Netflix). Al tempo stesso, in un misurato equilibrio di costruzioni metaforico-allegoriche e immersioni nella carne viva della società, lo scrittore rivela una forte vena realista che disegna la carta psico-socio-politica delle psicosi e fobie più profonde dell’America, da Dallas a Capitol Hill, dei terrori e orrori più terribili incarnati da Lee Oswald e Donald Trump. 

Negli ultimi romanzi questo connubio tra il fantastico e il realistico, tra la mostruosità infinita del Male e la sua immanenza quotidiana dal volto umano, si è ancor più saldato e reso visibile. King torna a raccontare il mondo dell’infanzia e dell’adolescenza tormentate, violate, intimamente saccheggiate dal Male in L’istituto (2019), che ricorda L’incendiaria e che vede un dodicenne rinchiuso in una struttura carceraria speciale con altri ragazzi per sperimentare e usare i loro poteri telecinetici e telepatici come armi micidiali, fino alla ribellione degli eroi giovani e puri, novelli Tom Sawyer, Huck Finn, “Scout” Finch, dai quali tutto cominciò. 

King non ha scritto libri e racconti espressamente per ragazzi (se non casualmente Unico indizio la luna piena, Longanesi 1986), ma uno dei temi portanti della sua poetica è il passaggio dall’infanzia all’età matura, ossia quella stagione di mezzo che è l’adolescenza e che rappresenta il cuore pulsante della sua narrativa, da Carrie a Shining, It ecc. Spicca il racconto lungo L’autunno dell’innocenza Il corpo, in Stagioni di- verse (1987), più conosciuto con il titolo del film – il più bello kinghiano – che ne è stato tratto, Stand by me: storia del viaggio iniziatico di quattro adolescenti alla ricerca della morte, cioè di un corpo morto, attraverso i boschi delle paure reali e immaginarie. Se, come diceva Kafka, un libro è un’ascia che spacca il mare di ghiaccio che è dentro di noi, It è una pala che scava il fango in fondo a un pozzo buio e L’autunno dell’innocenza è una corsa con “le ali della libertà” – titolo di un altro racconto della raccolta – verso la conoscenza della morte, un “piccolo giro di valzer” con lei. 

King ha influenzato generazioni di lettori e scrittori e molto probabilmente fra decenni sarà ancora letto e fonte di ispirazione per il loro immaginario, come avviene oggi per Poe e Lovecraft. In America Neil Gaiman con Il figlio del cimitero, Lupi nei muri e soprattutto un “classico” come Coraline (una Alice del XXI secolo nel Paese degli Orrori), di cui Mondadori pubblica una sontuosa edizione per i venti anni, si può considerare il suo più legittimo erede. Ma il timbro del Maestro si avverte anche in opere per ragazzi come La casa di vacanze di Barker e altri titoli della collana Junior Horror di Mondadori degli anni novanta, da La stanza 13 di Swindells (altro libro di culto) a Monster di Pike, dalla splendida copertina di Angelo Stano, disegnatore di Dylan Dog, ispirata ad Alien. Nel più recente Sette minuti dopo la mezzanotte di Patrick Ness, storia di un bambino che dialoga con un mostro alla finestra, si avverte il suo respiro che alita buio, paura e coraggio. In Italia Le belve di Castagna e Sgardoli deve molto a King per l’ispirazione e l’immaginazione, le atmosfere claustrofobiche e la caratterizzazione dei personaggi, ma ora i losers, una classe di liceali in visita di istruzione in un ex sanatorio che trasuda ricordi di storie male- dette ed orrende, restano “perdenti” senza redenzione, e la memoria è una maledizione. 

L’ascia agitata dallo scrittore folle di Shining ci ricorda ancora che la migliore letteratura per ragazze e ragazzi vive delle paure e dei misteri della vita reale, delle imperfezioni del bene e delle complessità del male, e solo immaginazione e conoscenza ci possono aiutare. 

rotondo.fernando@gmail.com
F. Rotondo è studioso di letteratura per l’infanzia e collaboratore di riviste di settore