Il cinema tra sogni e fallimenti: l’ultimo romanzo incompiuto di Fitzgerald

Lampi geniali che lasciano intravedere il capolavoro

di Francesca Balestra

Il rapporto di Francis Scott Fitzgerald col cinema è sempre stato ambivalente, diviso fra l’attrazione per le potenzialità artistiche e commerciali del nuovo mezzo di comunicazione di massa e la preoccupazione che una forma di arte percepita come meccanica e collettiva potesse prendere il sopravvento sul romanzo. L’aspetto economico non era certo secondario, in quanto il cinema gli offriva possibilità di guadagni, sia grazie alla vendita dei diritti d’autore per eventuali adattamenti sia attraverso le collaborazioni dirette. Le esperienze di Fitzgerald come sceneggiatore a Hollywood non gli procurano il successo sperato e lo portano a considerazioni piuttosto negative sulla scrittura per il cinema, perché le parole gli appaiono subordinate alle immagini e i copioni vincolati a troppe variabili esterne, di regia e produzione. E tuttavia il cinema gli fornisce anche nuova materia per la sua narrativa e contribuisce a innovare la sua scrittura, a rendere il suo dialogo più rapido e incisivo, le scene più ricche dal punto di vista visivo e tagliate come in un montaggio cinematografico. Tutto questo emerge con evidenza nell’ultimo romanzo, scritto e ambientato a Hollywood, al quale lavora con disperata dedizione nell’ultimo periodo della sua vita, convinto di potere dimostrare di essere ancora un grande scrittore, dopo i fallimenti personali e commerciali degli anni trenta, dei quali aveva parlato in alcuni articoli autobiografici pubblicati su “Esquire” nel 1936. Il romanzo rimase incompiuto per la morte improvvisa dello scrittore, colpito da infarto nel dicembre del 1940, all’età di quarantaquattro anni. Venne pubblicato postumo l’anno successivo con il titolo The Last Tycoon, a cura dell’amico scrittore Edmund Wilson, che si avvalse dell’abbondante materiale inedito – sinossi, capitoli, episodi, scene, annotazioni, lettere – interpretando le intenzioni dello scrittore con interventi che tendono a fare apparire il romanzo un’opera pressoché compiuta. Questo testo fu pubblicato in Italia con il titolo Gli ultimi fuochi nella traduzione di Bruno Oddera (Mondadori, 1959). Solo nel 1993 si ebbe l’edizione critica a cura di Matthew Bruccoli con il titolo The Love of the Last Tycoon. A Western, un’opera esemplare di filologia d’autore, corredata da un denso apparato di note esplicative e di varianti, di materiali dattiloscritti e facsimili di manoscritti, schemi della trama, bozze di episodi e intrecci più o meno sviluppati, annotazioni di lavoro. Su questo testo, che ripristina per quanto possibile quello originario, si basa l’edizione italiana dal titolo L’amore dell’ultimo milionarioriproposta ora da miminum fax dopo una prima pubblicazione ormai fuori commercio presso l’editore Alet (2012).

Perché leggere un romanzo incompiuto? Perché Fitzgerald è un grande scrittore e, anche nella sua veste non finita, questo romanzo ne mostra le qualità. Lo stile è a tratti quello del Fitzgerald migliore, i personaggi sono delineati in profondità, soprattutto il protagonista Monroe Stahr, modellato sulla figura di Irving Thalberg, celebre produttore in quella “fabbrica dei sogni” di Hollywood che aveva contribuito a costruire e a far funzionare in tutte le sue componenti tecniche, artistiche e umane. Stahr incarna una nuova versione dell’eroe americano, del self-made man consapevole delle prerogative economiche del cinema eppure pronto a sacrificarle per produrre anche film di qualità, dimostrando spirito artistico oltre a notevoli capacità manageriali. Certo, l’amore presente nel titolo è uno dei temi centrali del romanzo, un amore più maturo e realistico di quello di Gatsby, con momenti appassionati e coinvolgenti. E tuttavia, come afferma a un certo punto lo stesso Stahr, lui è “fidanzato con il cinema” ed è il mondo del cinema che colpisce con il suo immaginario visivo, con scene indimenticabili come quella del terremoto che colpisce Los Angeles e la conseguente inondazione che trascina via alcune scenografie dei set, compresa una gigantesca testa di Shiva alla quale sono aggrappate due donne. E la casa in costruzione del protagonista, nella quale si svolge la principale scena d’amore, sembra un set cinematografico, lo scheletro di una casa che rimanda metaforicamente anche allo scheletro del romanzo col quale il lettore si confronta.

Ed ecco il secondo motivo per leggere questo romanzo incompiuto. Ci introduce nel laboratorio dello scrittore, ci consente di seguirne in parte il processo creativo di costruzione dell’intreccio e delle scelte tecniche e stilistiche. Questa edizione offre al lettore strumenti utili per la comprensione del testo, dall’ottima Prefazione di Paolo Simonetti che ricostruisce la tribolata vicenda della scrittura e pubblicazione dell’opera, alla ricca appendice che include documenti essenziali: la lettera al possibile editore nella quale lo scrittore propone uno schema iniziale della trama, dei personaggi, dei temi e del punto di vista narrativo; gli appunti di lavoro, con approfondimenti sui personaggi e gli abbozzi di episodi e scene, alcuni già sviluppati in modo convincente. Come lo stesso Fitzgerald annota, The Last Tycoon doveva essere simile per struttura narrativa a The Great Gatsby, in quanto filtrato attraverso lo sguardo di un personaggio, in questo caso di una giovane donna, che “è del cinema, ma non nel cinema”. Proprio il problema del punto di vista limitato è una delle incongruenze irrisolte più evidenti del romanzo incompiuto di uno scrittore che limava le sue opere alla ricerca della perfezione, intervenendo fino all’ultimo con correzioni, revisioni, tagli, aggiunte, spostamenti di interi brani e capitoli. Quello che qui viene a mancare. Una storia complessa e per certi versi appassionante, quella della scrittura di L’amore dell’ultimo milionario, non solo per lo studioso, ma anche per il lettore comune che si trova davanti a un materiale magmatico, a episodi di una bellezza struggente, illuminati da lampi geniali, che lasciano intravedere il capolavoro.

Altrettanto importante è l’Introduzione di Goffredo Fofi incentrata sul mondo del cinema di Hollywood, che costituisce il tema e il contesto del romanzo di Fitzgerald, adattato nel 1976 per il cinema da Elia Kazan su sceneggiatura di Harold Pinter. Fofi riflette sulle dinamiche del cinema come cultura di massa e rileva le ambiguità dello scrittore rispetto a questa nuova forma di manipolazione dei sogni americani, alla quale si adegua solo in parte, mostrandone le contraddizioni. Hollywood è la fabbrica dei sogni, ma anche dei fallimenti, e Fitzgerald è esperto e creatore di entrambi, se è vero, come lui stesso afferma, che in tutti i suoi libri, anche quelli più scintillanti, si percepisce un touch of disaster. Sull’amore incombe l’ombra della morte, la malattia di cuore che affligge il protagonista e aveva portato alla fine prematura di Irving Thalberg al quale, come si diceva, era ispirato il protagonista Monroe Stahr. Nella traccia narrativa predisposta dallo scrittore, la morte sarebbe dovuta arrivare a causa di un incidente aereo e tuttavia la malattia che limita la grande vitalità di Stahr crea una premonizione della fine. Quella stessa morte che incombe su Fitzgerald, che morirà di infarto prima di potere portare a termine il suo romanzo. La vita che imita la finzione che imita la vita.

Se la filologia d’autore ha dato un contributo essenziale alla ricomposizione parziale di questo romanzo incompiuto e alla sua pubblicazione postuma, non sono mancate le interpretazioni biografiche che si concentrano sull’esperienza professionale di Fitzgerald a Hollywood, sul dramma della moglie Zelda ricoverata in ospedale psichiatrico, sulla sua relazione con la giornalista di gossip Sheilah Graham (autrice di un memoir sulla loro storia, a sua volta diventato un film), sul suo alcolismo e sulla malattia cardiaca. Questo materiale biografico, storico e critico è ampio e costituisce una base documentaria ben miscelata in forma narrativa da Stewart O’Nan in Di là dal tramontoromanzo pubblicato negli Stati Uniti nel 2015, che narra gli ultimi anni della vita di Fitzgerald e ricostruisce fra l’altro la genesi dell’Amore dell’ultimo milionario e può fungere da ottima lettura complementare. Le vicende sono narrate prevalentemente dal punto di vista di Fitzgerald, attraverso il filtro di una sensibilità fragile e provata dai fallimenti che costituisce la difficile sfida di questo romanzo biografico. Brani della corrispondenza con Zelda e con la figlia Scottie contribuiscono a ricostruire i rapporti con moglie e figlia e a dare sostanza a una personalità complessa, alle prese con depressione, alcolismo, dissipazione, spreco del talento, eppure capace di fasi di dedizione assoluta alla scrittura, alla ricerca della parola giusta, del ritmo perfetto di una frase. Il racconto delle vicende di Fitzgerald a Hollywood, dal 1937 alla morte nel 1940, ne rivela la frustrazione per il metodo di lavoro, che vede spesso più autori impegnati sullo stesso copione, per la scarsa autonomia degli scrittori che si devono adattare alle condizioni della produzione e alle decisioni dei registi. Nonostante l’impegno profuso, Fitzgerald viene spesso sollevato dall’incarico, i film ai quali lavora vengono rimaneggiati da altri oppure cancellati, il suo nome viene accreditato solo per la sceneggiatura di Tre camerati, film di Frank Borzage (USA 1938) tratto da un romanzo di Erich Maria Remarque (1936) sulla prima guerra mondiale. Il mondo del cinema dell’epoca d’oro di Hollywood è descritto con efficacia nel romanzo e lo rende molto godibile, anche per la presenza di scrittori, attori e registi famosi che qui compaiono come personaggi secondari, fra i quali: Humphrey Bogart, Myrna Loy, Greta Garbo, Marlene Dietrich, Spencer Tracy, Katharine Hepburn, Gary Cooper, George Cukor, Dorothy Parker, Anita Loos e un imperdibile Hemingway. Questo panorama affollato fa da sfondo alle tragedie personali dello scrittore, agli incontri dolorosi con una Zelda trasformata dalla malattia mentale e dai farmaci, ai tentativi di mantenersi sobrio per vivere il nuovo rapporto sentimentale con Sheilah Graham e per continuare a scrivere. Nel frattempo dall’Europa giungono notizie di eventi drammatici, terribili presagi che portano alla seconda guerra mondiale. Come scrive O’Nan “La guerra mise in prospettiva i loro problemi, rendendoli molto meno importanti (… ) Ogni notte la radio dava notizie peggiori. Le navi affondavano, le cattedrali bruciavano. La prima pagina del Times mostrava mappe disastrose (…) Fra la tragedia in Europa e i problemi di Zelda, Fitzgerald aveva la sconfortante sensazione che la sua vita fosse governata da forze incontrollabili”. Come la morte. Tuttavia continua a scrivere e a lavorare al suo ultimo romanzo, quello che gli avrebbe dovuto restituire la reputazione perduta e che rimase il capolavoro incompiuto: L’amore dell’ultimo milionario.

francesca.balestra@gmail.com

F. Balestra insegna letteratura angloamericana all’Università di Siena