La fuga senza fine dellâEnea ucraino
di Roberto Valle
La prima espressione compiuta dellâautocoscienza nazionale ucraina è contenuta nel poema satirico EnejĂda di Ivan Kotljarèvsâskyj pubblicato nel 1798. LâEnejĂda narra lâepopea di un gruppo di cosacchi in fuga dopo la distruzione della SiÄ di ZapororiŞŞja, ordinata da Caterina II nel 1775. A distanza di due secoli, lâEnea ucraino ha ripreso la sua fuga senza fine con la dichiarazione di indipendenza del 24 agosto 1991, lasciando dietro di sĂŠ le rovine dellâUrss. Lâindipendenza conquistata nel 1991 è apparsa come lâinveramento storico della secolare aspirazione dellâUcraina ad affermare la propria identitĂ nazionale e culturale che, a partire dagli anni venti del XIX secolo, è al centro di una sorta di Kulturkampf , perchĂŠ i russi considerano lâukrajinofilâstvo (ucrainofilia) come una variante fratricida della russofobia. Tale secolare Kultukampf si è acuito dopo la Rivoluzione della dignitĂ del 2013-2014 come testimonia Andrej Kurkov, scrittore ucraino di lingua russa: la protesta contro il presidente moscovita JanukoviÄ, che voleva seppellire il sogno europeo degli ucraini, era iniziata a Kiev con una processione di popolo presso la statua del poeta-storiografo della nazione ucraina Taras Ĺ evÄenko: icona nazionale e kozbar, quale cantore del risorgimento nazionale, Ĺ evÄenko aveva definito lâUcraina una vedova senza figli: dopo una folgorante rinascita, infatti, la lingua e la cultura ucraina nel 1863 erano state proibite e ricondotte nel limbo dellâindistinta e fantasmagorica identitĂ piccolo-russa. Quale espressione di unâautocoscienza nazionale in via di formazione, la letteratura si è caratterizzata come una sorta di âmonastero spiritualeâ che ha attribuito un valore rilevante allâidentitĂ di una nazione ancora incompleta.
Dalla poesia di Ĺ evÄenko si può trarre lâiconografia nazionale ucraina: il poeta diventa il messia e lâapostolo di quella veritĂ destinata a rivelarsi con il compimento della indipendenza dellâUcraina. Secondo lo scrittore ucraino di lingua russa Aleksej Nikitin, al centro della contesa russo-ucraina è Kiev-Kyiv che con la sua forza vitale continua a generare tragedie e leggende e che è ignorata dalla letteratura mondiale. Il conflitto tra lâidea russa e lâidea ucraina ha rimesso in discussione lâintero universo mitopoietico della storia russa: il mito delle origini che risale allâepoca della Rusâ di Kiev (IX-XIII secolo) è considerato dalla storiografia imperiale del XIX secolo la prima ipostasi dello stato russo, mentre gli storici ucraini, in primo luogo Hruťèvâskyj, affermano la teoria autoctona, quale autogenesi della Rusâ, prima scaturigine della storia ucraina: non esiste, perciò, una continuitĂ tra la Rusâ di Kiev e la Moscovia e questa falsa genealogia sarebbe opera degli âscribi moscovitiâ. Il Kulturkampf tra Russia e Ucraina si è configurato come un conflitto tra lâidea russa di stato-civiltĂ e lâidea ucraina di identitĂ culturale. Diversamente dalle (due) terze Rome (Mosca e Pietroburgo), Kiev-Kyiv è una cittĂ che ancora attende di essere raccontata e i due romanzi piĂš kieviani del XX secolo sono La guardia bianca di Michail Bulgakov (ed. orig. 1924) e Babij Jar di Anatolij Kuznekov (ed. orig. 1966). Tra il 1917 e il 1920 fu combattuta la prima guerra russo-ucraina: il 1917, infatti, non fu solo lâanno nudo della rivoluzione bolscevica, ma anche lâinizio della rivoluzione nazionale ucraina, quale ârinascita fucilataâ e tragica della repubblica presieduta da Hruťèvâskyj.
Di fronte ai repentini sconvolgimenti che travagliarono Kiev-Kyiv, Bulgakov doveva constatare che i tempi leggendari si erano spezzati e che improvvisamente e minacciosamente era entrata in scena la storia. Bulgakov contrapponeva la nativa Kiev-Kyiv (la cittĂ per antonomasia, culla di tutte le Russie) a Mosca, che non è piĂš la cittĂ santa degli slavofili. Divenuta capitale della Russia sovietica, Mosca era il âregno dellâAnticristoâ volto a perpetrare tutte le turpitudini del âdiavolo millenarioâ e a riversare su Kiev le âorde dei demoniâ. In un romanzo-documento, Kuznekov ricostruisce, invece, la tragica vicenda di Babij Jar, un enorme burrone nei pressi di Kiev divenuto la fossa comune di ebrei, di zingari, di attivisti sovietici e di nazionalisti ucraini a causa dei massacri perpetrati dai nazisti quando occuparono la capitale ucraina nel 1941: il primo marzo 2022 un missile russo ha distrutto una torre televisiva nei pressi del mausoleo e la Russia è stata accusata dagli ucraini di voler denazificare la tragica realtĂ storica del nazismo. La tragedia di Babij Jar era stata causata, secondo Kuznekov, dallâidiozia crepuscolare e criminale delle dittature totalitarie, quale estrema e lugubre espressione di una inaudita barbarie globale. La guerra tra la Germania nazista e lâUrss appariva come uno scontro tra due universi concentrazionari che volevano estendere il loro dominio mondiale. La guerra santa dellâUrss conto il Terzo Reich non era stata altro che una lotta straziante per il diritto di restare rinchiusi nel Gulag e non nel Lager nazista. Nel corso della guerra patriottica, lâUrss di Stalin era tornata a essere la Russia imperiale e ortodossa che era avversa al nazionalismo ucraino di Stepan Bandera (nel 2010 proclamato eroe dellâUcraina), un personaggio controverso: per gli ucraini Bandera ha combattuto su due fronti contro i totalitarismi del XX secolo, per i russi è stato un collaborazionista dei nazisti. Kuznekov aveva cercato di pubblicare il libro in Urss, ma nel 1969 era stato costretto a fuggire in Occidente, anche perchĂŠ, come dimostrava il caso di SolĹženicyn, lo scrittore sovietico non aveva il controllo dei propri manoscritti. Sul limitare della disintegrazione dellâUrss, SolĹženicyn poneva la controversa questione ucraina pressochĂŠ negli stessi termini in cui lâha posta Putin in un saggio del 2021 e nel discorso televisivo del 21 febbraio 2022, riaffermando lâidea-mito del Russkij Mir (mondo russo) e del popolo russo uno e trino.
Nel 1990, in Come ricostruire la nostra Russia?, SolĹženicyn lanciava un accorato appello agli ucraini affinchĂŠ si associassero con i russi e i bielorussi per dar vita allâUnione Russa, chiedendo scusa per il settantennio sovietico e per il disastro nucleare di Äernobylâ. SolĹženicyn non riconosce lâesistenza di un distinto popolo ucraino con una propria lingua diversa da quella russa e considera la confusa vicenda storica dellâindipendenza ucraina del 1918 un esperimento artificiale frutto di intese politiche e che non è andato al di lĂ del folclorismo fantastico di Symon Petljura che voleva ucrainizzare lâUcraina. Nel tempo di seconda mano postsovietico raccontato da Svjatlana AleksieviÄ, scrittrice bielorussa nata in Ucraina e premio Nobel per la letteratura nel 2015, la storia umana e sentimentale del crollo dellâutopia si intreccia con il racconto dei crimini del potere e della guerra al fine di restituire le testimonianze di coloro che hanno vissuto il tempo degli assassini: lâUrss, sorta dalla guerra civile del 1917, ha vissuto in un permanente stato di eccezione e di emergenza e il processo di disintegrazione dello spazio postsovietico è continuato per un trentennio con altri mezzi fino alla guerra russo-ucraina, iniziata nel 2014 come guerra civile. In Preghiera per Äernobylâ, AleksieviÄ ha anticipato la cronaca del futuro, perchĂŠ dopo il disastro provocato dallâesplosione di un reattore nucleare nel 1986 la cittĂ ha vissuto in uno stato di guerra che continua a perdurare e la mistica dei demiurghi dellâatomica potrebbe generare un definitivo e apocalittico perfezionamento della distruzione di massa. Come rileva Sergej Lebedev, le memorie dellâepoca sovietica appaiono come il sarcofago di Äernobylâ e dalla fine dellâUrss sono sorti spazi in disintegrazione che stentano a trovare una stabilitĂ , oscillando pericolosamente tra la civiltĂ e la barbarie. Tale spazi in disintegrazione rimangono impantanati tra il passato sovietico e un futuro dispotico, per cui la Russia di Putin appare il frutto di una grafomania statale che ha continuato a perpetuare le strutture esistenti e sembra dominata da un fantasmagorico Zar dei cani che vuole addomesticare gli indocili ribelli. Secondo Anna Politkovskaja, il Äekista sovietico che è asceso al Cremlino sembra destinato a condurre la Russia verso un esito tragico e catastrofico, quale ripetizione della storia russa del XX secolo. Dopo i tempi romantici della perestrojka, si è assistito in Russia a una sorta di ibrida e paradossale sintesi tra la mentalitĂ sovietica e la mentalitĂ imperiale. Putin si è trasformato in idea russa e lâimpero russo, quale simulacro, è entrato nel periodo imitativo della sua storia. LâibriditĂ bicefala ha prodotto una mutazione antropologica che lo scrittore russo Viktor Pelevin, ha definito zombifikacija. Tale processo di zombificazione ha segnato il passaggio dallâ homo sovieticus allâhomo zapiens che è âprogramma telecomandato a distanzaâ. Nel regime patriottico-telecratico, la democrazia sovrana russa è un programma politico offerto in versione promozionale incentrato sullâicona di Putin defensor patriae che si staglia nel vuoto organizzato nel quale lâhomo zapiens vive in uno stato permanente di sottomissione ottenebrata alla volontĂ sovrana del solus rex.
roberto.valle@uniroma1.it.
R. Valle insegna storia dellâEuropa orientale allâUniversitĂ La Sapienza di Roma