Leggere Rodari da grandi | il Mignolo

di Francesco Morgando

Gianni Rodari
Opere
a cura di Daniela Marcheschi,
pp. 2032, € 85,
Mondadori, Milano 2020

Roberto Denti, libraio e crocevia di tanta letteratura italiana per ragazzi, ha detto una volta durante un convegno che Rodari “è il più grande scrittore del Novecento”. L’ha detto così, senza aggettivi, senza aggiungere giovanile, per bambini o per ragazzi. Era una provocazione, certo, che gli serviva però per ridisegnare un canone, che vedeva Collodi come il più grande scrittore del suo secolo e Rodari, appunto, come il suo degno successore. Detta così rimane un po’ forte, ma vedere la scritta Rodari tutta dorata sulla copertina in brossura del “Meridiano” fa un certo effetto, forse di sacralità, sicuramente di contentezza per chi lo tiene tra le mani. Non è però nemmeno una sorpresa. In fondo, anche in vita Rodari ha in qualche modo una postura da classico: è l’unico scrittore italiano ad aver vinto l’Hans Christian Andersen (il piccolo premio Nobel) e più in generale riceve un’attenzione senza precedenti per un autore che scrive soprattutto libri per bambini. Dopo la sua morte, per quanto travisato e banalizzato, ha continuato a far parlare di sé anche fuori dalle cerchie degli addetti ai lavori. Se l’obiettivo è diventare un classico, meglio rimanere come “canarini in gabbia” delle antologie scolastiche (l’espressione è di Mario Lodi), che rischiare di sparire, e a questo proposito l’altro centenario di quest’anno, quello di Pinin Carpi, mostra bene le differenze. Perché passare alla storia è (anche) una pratica spietata.

Poi c’è il discorso delle categorie, della serie A e della serie B, come le definiva Rodari, perché “chi scrive per bambini deve sapere che lavora in serie B”. Una visione, soprattutto in Italia, che viene da lontano, dalla natura “aulica, aristocratica non popolare” della nostra letteratura, ed è – sempre per Rodari – “uno dei motivi per cui non abbiamo una letteratura per l’infanzia”. La domanda che qui importa è se il “Meridiano” di Rodari (e più in genere le celebrazioni attorno al centenario) facciano bene a tutta la serie B: se è l’occasione per promuovere l’intero campionato, far guardare più partite, accorciare certe distanze e dare nuovi slanci. Oppure è un riconoscimento isolato, come se Rodari avesse ricevuto il Pallone d’oro nonostante la categoria in cui gioca, una fortunata eccezione. Anche perché la sua è un’eccezionalità profonda. Rodari è uno scrittore che ha lavorato per tutti i lettori: bambini e adulti, genitori e insegnanti, scrivendo cose che andassero bene per tutti questi lettori contemporaneamente e scrivendo altre cose che andassero bene solo per alcuni. Ha lavorato e sperimentato con quasi tutte le forme, ha scritto chiaramente romanzi, storie e filastrocche per bambini, ma anche versi e racconti per adulti, ha lasciato una produzione giornalistica pressoché sterminata, saggi critici e pedagogici, e ancora tutta una produzione multimediale più o meno sommersa che va dai fumetti al teatro, dalla radio alla televisione.

Daniela Marcheschi, che ha curato l’edizione del “Meridiano”, è sempre attenta a restituire tutte queste sfaccettature e a sottolineare il suo essere uno scrittore con una dual audience, un doppio pubblico di adulti e bambini, come insegna la tradizione anglosassone. Quindi intesse fin dalle prime pagine un ricco ed esaustivo reticolo di riferimenti, influenze e analogie in cui compare certamente Collodi, a cui è dedicato un ricco paragrafo, ma anche Leopardi, la passione giovanile per Montale, la scoperta dei surrealisti francesi, di Novalis, fino ai suoi contemporanei Alfonso Gatto e Cesare Zavattini. Poi la riscoperta della fiaba e l’interesse per la cultura orale che attraversa il secondo Novecento. Qui Rodari, convinto che “si può parlare di cose serie e importanti anche raccontando fiabe allegre”, è un punto di snodo: ne reinventa le forme, le trasfigura nella contemporaneità dei suoi lettori, capisce la loro potenzialità come punto di incontro tra adulti e bambini. Ecco però che in questo contesto, di nuovo, la sua figura si colloca in una galassia molto più ampia, che riguarda l’orizzonte letterario nel suo insieme, non solo quello infantile.

Infine il giornalismo, che, come per molti dei grandi autori del Novecento (e come per Collodi), sarà il suo mestiere per tutta la vita. E anzi la sua carriera di scrittore, l’idea stessa di poter scrivere per i bambini, nasce un po’ per caso e un po’ alla volta proprio sulle pagine di giornale. Nelle Notizie sui testi Marcheschi ricostruisce il complicato sistema di vasi comunicanti tra i libri e gli articoli, le tante rubriche e le lettere, un continuo lavoro su più piani in cui l’officina rodariana è una porta girevole tra cronaca e letteratura, incontri pubblici e azione politica. L’impegno politico e sociale è l’altro vettore su cui si muove il suo percorso e che di nuovo lo inserisce in un contesto comune, generazionale. Per certi versi, Rodari è lo scrittore e l’intellettuale più radicalmente gramsciano di tutto il Novecento italiano. Grazie alla sua straordinaria sensibilità all’utopia e alla volontà ferrea di stare sempre dalla parte della speranza e del rinnovamento riesce in una strana (e bella) mossa di equilibrismo che gli permette di superare le contraddizioni e le speranze tradite che portarono tanti altri intellettuali della sua generazione (da Calvino a Fortini) a un cambio di rotta. Non che Rodari rimanga sempre uguale a sé stesso, o rigido nelle sue opinioni; ma penserà sempre che tra i compiti della letteratura c’è quello di incidere nelle trasformazioni che attraversano l’Italia del suo tempo. E per incidere la letteratura ha bisogno di essere chiara, comprensibile a tutti e quindi, forse, anche non troppo divisiva. Il suo obiettivo, riuscito, è quello di essere uno scrittore popolare, nella bellissima accezione che questo termine può avere.

Dopo l’apparato critico ci sono, chiaramente, i testi. Sono ordinati secondo un criterio formale, che vede raccolti prima i versi, poi la prosa, quindi La grammatica della fantasia e un’antologia di altri scritti saggistici. Non è l’opera omnia di Gianni Rodari, tanto è rimasto fuori, di tanti lati del suo lavoro ci sono poche testimonianze (soprattutto del suo lavoro saggistico). E qui, sembra banale dirlo, siamo davanti a più di mille pagine di libri per bambini: filastrocche, racconti, e romanzi. In alcuni vediamo i segni del tempo, in altri l’attualità, in altri ancora riconosciamo dei veri e propri classici della nostra letteratura. Sono lì, un po’ ingessati, senza le illustrazioni che negli anni li hanno accompagnati tra le mani dei loro giovani lettori. Per certi versi, sono un po’ irriconoscibili senza Munari, senza Luzzati e tutti gli altri autori e autrici che hanno continuato a illustrarli anche dopo la sua morte. Per ovviare alla rigidità del contesto (chissà quando vedremo il primo “Meridiano” accompagnato da illustrazioni: con dei fumetti, con altri libri per ragazzi, forse mai?), in appendice al volume c’è un saggio critico e una raccolta, curata da Grazia Gotti, delle copertine e dei disegni dei suoi illustratori. Qui parole e figure si susseguono in una lunga serie di “binomi fantastici, dove fantastici significa bellissimi”. Contemporaneamente, però, in questo contesto così istituzionale e canonizzante, è forse più facile per il lettore adulto capire la libertà e l’inventiva formale dello scrittore di Omegna, comprendere il lavoro di sintesi e di attenzione nei confronti dei bambini che sta dietro a ogni testo, notare lo sforzo che sta dietro a questa come a tutta la grande letteratura.

Per avvicinare il mondo degli adulti alla scrittura per bambini di Rodari si possono fare anche moltissime altre cose. Leggere i tanti interventi in cui Rodari stesso ha raccontato il suo lavoro e la sua poetica, scoprire i pezzi di strada che ha fatto insieme al mondo della scuola. Oppure utilizzare nuovi strumenti di lettura, anche impropri. Si può, per esempio, guardare al Libro degli errori come un tentativo secondo novecentesco di reinventare il prosimetro, o leggere C’era due volte il barone Lamberto come un libro su un sequestro e un modo quindi per raccontare la fine degli anni settanta. La critica ha guardato ancora molto poco a Rodari e qui, davvero, c’è tutto un mondo ancora da inventare. Intanto leggerlo e rileggerlo, lasciarsi sorprendere. Perché leggere Rodari è importante anche per un altro motivo, forse il più importante: essere adulti capaci di portare e proporre questi libri ai loro lettori originari, i bambini e i ragazzi.

morgando.f@gmail.com

F. Morgando è italianista e lavora per il Salone del libro di Torino