Racconti d’amore al tempo della Regina Vittoria

recensione di Valérie Tosi

Racconti d’amore al tempo della Regina Vittoria
La baia di Malachi e altre storie,
trad. dall’inglese e cura di Maria Teresa Chialant,
pp. 208, € 22
Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2020

In questa raccolta di narrativa tardo-vittoriana Maria Teresa Chialant presenta e offre una traduzione con testo originale a fronte di sei racconti pubblicati tra 1864 e 1896. Il leitmotiv delle opere selezionate è l’innamoramento tra uomo e donna osservato e indagato nella sua dimensione socioculturale e introspettiva. Se comportamenti, costumi e luoghi comuni associati alla versione vittoriana dell’amore romantico creano cornici omogenee attorno ai singoli racconti, la rappresentazione delle implicazioni ideologiche, psicologiche e sociologiche del mal d’amore assume tratti peculiari nelle opere di questa raccolta. La baia di Malachi di Anthony Trollope narra la nascita di una passione amorosa tra Mally, una ragazzina dal carattere irascibile e dall’aspetto selvaggio che vive con il nonno in un’insenatura costiera della Cornovaglia, e Barty, il giovane figlio di un fattore. In questo racconto, che a tratti ricorda La Sirenetta di Andersen, l’innamoramento non è solo tensione emotiva tra i personaggi, ma anche lo strumento che consente la fusione di due mondi socialmente e moralmente distanti. È proprio grazie all’amore che i due outsiders della storia, Mally e il nonno, vengono integrati nella comunità rurale nella quale inizialmente occupano una posizione marginale. L’ultimo amore del capitano di William Wilkie Collins racconta la storia di una passione proibita e distruttiva tra un capitano inglese in viaggio nel Pacifico e la figlia di un capotribù polinesiano tenuta segregata dal padre su un’isola sacra alle divinità ancestrali. Il fascino esotico della fanciulla nativa dalla pelle ambrata è disciplinato e nobilitato dal filtro della letteratura classica. L’indigena Aimata di cui il capitano si innamora è descritta come una ninfa dalla pelle scura e dal candore infantile, che veste di bianco e vive in comunione con la natura: incarna i desideri narcisistici del colonizzatore, affascinato da una terra incontaminata, da una bellezza primitiva e dalla venerazione della preda verso il suo conquistatore. Una diversa figura del potere coloniale associato a una passione distruttiva appare in Georgie Porgie di Rudyard Kipling. Qui un pioniere della civiltà inglese in Birmania assume come governante la figlia di un capo villaggio che si innamora perdutamente di lui al punto di illudersi di poter diventare sua moglie. La dedizione e passione della donna per il suo signore e la sua parsimonia domestica non sono però sufficienti a far desistere il padrone dall’intenzione di cercarsi una moglie inglese.

I racconti delle tre autrici scelte da Chialant si distinguono per finali più ottimisti e aperti, in cui la caratterizzazione intellettuale dei personaggi femminili prevale sulla loro descrizione fisica. Una piccola donna brutta di Nora Vynne narra attraverso una voce femminile e femminista quella che potremmo definire “una storia di coscienza” del personaggio maschile Felix Tenby. Dopo aver ricordato o forse solo immaginato i tristi eventi di cui è stata vittima una donna in cui si è imbattuto alla stazione, Felix fa una scelta che rivela una presa di coscienza delle sfide e delle difficoltà che l’universo femminile deve costantemente raccogliere e affrontare. Calandosi nella dimensione emotiva e razionale di una donna non piacente, Felix comprende i propri pregiudizi e giunge alla conclusione che bellezza e bruttezza sono mere maschere dell’anima. Un piccolo guanto grigio di George Egerton, pseudonimo di Mary Chavelita Bright, racconta la breve frequentazione tra un ricco dongiovanni e una donna afflitta da una dolorosa separazione. Il protagonista, cinico nei confronti dell’amore e stanco della sua inconcludente ricerca dell’Eterno Femminino, si trova dinnanzi a una donna in grado di sfuggire alle generalizzazioni e catalogazioni che l’universo maschile tende ad applicare al gentil sesso e accetta per la prima volta l’idea di subire una scelta anziché operarla. L’ultimo racconto, Un idillio sull’omnibus di Mary Angela Dickens, affianca alla vicenda amorosa questioni di genere e classe. L’incontro tra Glendinning, musicista professionista, e Gwen, studentessa di musica immatura e capricciosa, è segnato da un’iniziale antipatia della fanciulla verso il giovane, che ai suoi occhi manifesta un offensivo atteggiamento di superiorità. È il riconoscimento pubblico di una scintilla di genio nel modo in cui Gwen suona, e quindi di una dote femminile non fisica ma artistica e intellettuale, che spinge Glendinning a dichiararle la propria passione. Con tale conquista termina il viaggio proposto da Chialant nella short story inglese dedicata all’amore, un viaggio tra le sfumature di un sentimento intriso delle paure, dei desideri e delle speranze al tempo della regina Vittoria.

V. Tosi è dottoranda in letteratura inglese all’Università di Pisa
valerie.tosi@phd.unipi.it