Sognando Maradona, il romanzo del calcio | Il Mignolo

di Fernando Rotondo

“Lestate in cui conobbi il Che bruciavano le colline e il Brasile prese sette gol dalla Germania. Non la dimenticherò mai” è l’incipit che Pavese e Fenoglio – e forse anche Hemingway – avrebbero potuto scrivere del romanzo L’estate che conobbi il Che di Luigi Garlando (Rizzoli 2015), allorché il protagonista quattordicenne vede tatuato sul braccio del nonno un volto barbuto e chiede chi è. Sono i mondiali del 2014 e le colline bruciano non per il caldo o i piromani, ma per i bidoni in cui gli operai accendono il fuoco di notte a presidio della fabbrica chiusa. Il romanzo non appartiene al filone sportivo, ma quella partita serve a datare la vicenda, ad ambientarla storicamente in un momento di crisi sociale. L’autore, giornalista della “Gazzetta dello Sport”, nel 2000 aveva già vinto il Premio Battello a Vapore con La vita è una bomba, racconto di un ragazzo bosniaco mutilato che a Milano tifa per la squadra nella quale il croato Boban e il montenegrino Savicevic giocano insieme invece di spararsi a Sarajevo. Garlando possiede ritmo sciolto e brillante, sapienza di costruzione narrativa e capacità di far interagire sensibilità giovanili e ambiente storico-sociale.

Quest’anno l’Italia non gioca il campionato mondiale in Qatar perché non si è qualificata, ingloriosamente. Tuttavia il calcio con le sue partite, i suoi gesti e riti è diventato una sorta di calendario della memoria nella vita reale come in quella letteraria e va anche a scandire il tempo nei libri per ragazzi. Facciamo un passo indietro. La storia del romanzo di sport o meglio del calcio si può far iniziare con la pubblicazione nel 1941 de La squadra di stoppa di Emilio De Martino, giornalista sportivo di fama, ripubblicato nel dopoguerra depurato da alcuni elementi fascistici inessenziali. Gianni Brera lodò “la capacità di scrivere benissimo per i ragazzi, per il loro giro mentale” e Antonio D’Orrico lo giudicò “il più bel romanzo di calcio italiano (…) storia di un team di ragazzini che è una specie di I ragazzi della via Paal del football”. Con un sottotesto “di classe” (forse a insaputa dell’autore): la sfida tra un gruppo di ragazzi conciati un po’ così e un altro dove gioca il figlio di un piccolo industriale e quindi dotato di magliette, scarpette e pallone come si deve.

Malgrado la crescente diffusione di sport popolari come calcio, ciclismo e pugilato che muovono grandi e forti passioni (il Grande Torino e la sciagura di Superga, la rivalità tra Coppi e Bartali etc.), lo sport stenta ancora a entrare nella letteratura per ragazzi (e non solo), pur riempiendo i loro interessi, desideri, sogni. Una mostra sullo sport nei libri per ragazzi organizzata nel 1986 dalla Biblioteca per ragazzi De Amicis di Genova reperì pochi romanzi e molti più manuali. Nel 1990 il catalogo dell’analoga mostra della Biblioteca Francone di Chieri, Da Maratona a Maradonamise in rilievo due aspetti: la prevalenza di manuali pratici e biografie di campioni – cioè l’elemento tecnico e il nascente fenomeno del divismo – e l’intento educativo che piega la storia a significati morali e sociali, soprattutto nelle collane parascolastiche di narrativa.

Ad esempio, il calcio è visto quale occasione di ascesa sociale in Gianni mezz’ala di Ghirelli (Fabbri 1977) o spazio per il giallo in Hanno rapito la Juve di Moriondo (Oscar Ragazzi 1974), quest’ultimo particolarmente interessante perché mostra lo sport (squadre, giocatori, soprannomi, partite) come una sorta di linguaggio universale che permette di comunicare tra persone e mondi diversi. Basta infatti un pallone perché due ragazzi che non si conoscono, vengono da continenti lontani e parlano lingue differenti si mettano a giocare e subito organizzino un tre-contro-tre di cui tutti conoscono regole e paroledribling, stop, cross, gol! Il gioco diventa lingua basica parlata con il corpo e il gergo, una sorta di esperanto, una variante del pidgin dei romanzi avventurosi marinareschi. Il calcio ha i movimenti e i colori dell’infanzia dell’umanità. Come dice Borges, la sua storia ricomincia ogni volta che un bambino prende a calci qualcosa in strada.

A lungo l’immaginario calcistico infantile si organizza attraverso strumenti cartacei come l’Almanacco del calcio e le figurine Panini che propongono i “santini” degli “eroi” del mito moderno, dei sacerdoti della fede/febbre del tifo. Finché la televisione non irrompe con la forza travolgente di una nuova epopea immaginativa i cui highlights oggi si possono vedere in qualsiasi momento sullo smartphone. I caratteri grigi della pagina soccombono davanti alla potenza delle scintillanti immagini dei nuovi media ad alto tasso di emotività visiva. La ripartenza nel nuovo secolo avviene ancora grazie a Garlando con un titolo riassuntivo del progetto, Calcio d’inizio, che dà vita alla serie “Gol” (Piemme 2007), serie che narra le vicende agonistiche, sentimentali, civili, moderatamente avventurose della squadra delle Cipolline, mista per genere, colore, provenienza etnica e che gioca non contro nemici, ma con amici con una maglia diversa. La collana, che finora ha pubblicato oltre 70 titoli con 1.300.000 copie vendute in Italia e traduzioni in Europa, Sudamerica e Asia, ha il merito di rivolgersi alla fascia d’età 8-11 anni che rappresenta un buco nero nella produzione per bambini, un periodo in cui si rischia di smarrire la via della lettura senza un’offerta adeguata, tra gli albi illustrati della prima infanzia e prima dell’adolescenza. Invece le Cipolline, a cui Garlando dà un ritmo brioso e agile, interessano, divertono, emozionano con piccole avventure che parlano del (e al) mondo interiore di ragazze/i, alle loro fantasie ed emozioni, ad un immaginario che assorbe gli stimoli come una spugna, apparentemente disordinato e confuso, in realtà ricco e complesso. Dove trovano un posto privilegiato le grandi sfide dei miti, delle fiabe e della letteratura tra il piccolo e il grande, il gatto e l’orco, Davide e Golia, Ulisse e Polifemo, i losers di King e It, Harry Potter e Voldemort. E Maradona, figlio di un falegname povero come Pinocchio (e Gesù), rivive la fiaba del burattino sperso per il mondo.

Contemporaneamente, fra il 2006 e il 2008 Fabbri pubblica quattro titoli della serie “Banana Football Club” di Roberto Perrone, pure lui giornalista. Ora si è aperta una nuova fase per la letteratura giovanile. Più recentemente, nel biennio 2019-2020, l’ex cronista della Rai Marino Bartoletti scrive la trilogia La squadra dei sogni (Gallucci). Gli autori sono prevalentemente noti e bravi giornalisti a cui però, salvo qualche eccezione, manca quello scatto della fantasia che è proprio dello scrittore in grado di far sognare e rivivere l’avventura nella finzione.

Come detto, la Nazionale italiana non va in Qatar ai mondiali, ma questi vengono a noi, ai ragazzi, attraverso la tv, la rete, i giornali, anche i libri. Uno soprattutto merita un piccolo approfondimento, La rivincita dei matti di Pierdomenico Baccalario (Mondadori), una storia collocata tra realtà e finzione, documenti d’archivio e sospensione dell’incredulità, nella quale il calcio non si limita a fungere da save the date o da mero sfondo. Nel 1973, quando Franco Basaglia aveva aperto il manicomio di Trieste, tra le altre iniziative si era giocata una partita di calcio tra pazienti e infermieri. Con un salto nell’estate del 1982, Baccalario immagina che dalla Spagna, dove la Nazionale gioca i mondiali, il commissario tecnico Enzo Bearzot scriva una lettera all’amico ed ex paziente “Leggenda” con l’imperativo categorico di rigiocare quella partita e stavolta vincerla, perché le sorti della Nazionale e della squadra dei matti sono strettamente (e misteriosamente) legate. Così Leggenda, in Vespa e con la nipote Steno, tredicenne un po’ bizzarra anche lei, si muove “in missione per conto di Bearzot” per radunare i vecchi giocatori. Roba da matti, insomma: i nostri vinceranno, a Trieste e a Madrid.

Quasi contemporaneamente, Feltrinelli ha pubblicato due titoli che confermano il legame tra l’avventura giovanile e la mitologia del gioco. L’argentino Olguin in La squadra dei miei sogni racconta di una squadra di ragazzi che sognano di seguire le orme del mitico Maradona e vogliono recuperare il primo pallone del loro idolo rubato da una banda. Mentre l’inglese Peet in Il campione ambienta nella foresta amazzonica la storia del leggendario portiere El Gato. Nella raccolta di racconti Perché Perché Perché (Giunti) spicca Amore e pallone, un gioiellino perfetto per la sensibilità e delicatezza con cui Angelo Petrosino accosta segreti e misteri dello spirito infantile: “Piergiorgio dormiva con un pallone di cuoio sotto il letto” – è l’incipit – e Silvia ne è indispettita, si capisce perché.

Infine, il romanzo di Gargiulo e Missaglia, allenatrici del settore giovanile del Milan, Voglio fare la calciatrice (Piemme), ci dice che bambine e ragazze stanno sfondando il tetto del calcio, anzi lo hanno già fatto, tanto è vero che le partite del campionato femminile e soprattutto della Nazionale hanno ormai un folto pubblico di appassionati negli stadi e in tv. E Le ragazze di mister Jo di Stefania Carini e Joanna Borella (Mondadori) sono la squadra delle Bimbe del Pallone che in un quartiere multietnico di Milano danno calci al pallone e ai pregiudizi di genere, colore, provenienza, religione, soprattutto di chi dice che il calcio non è un gioco da femmine. Torna in mente Sognando Beckam, il bel film che meticcia commedia bollywoodiana e cinema britannico, tradizione etnica e vita moderna, mitologie diverse e medesimi valori e aspirazioni.

rotondo.fernando@gmail.com

F. Rotondo è studioso di letteratura per l’infanzia